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Il fermento intellettuale di primo Novecento segue differenti direzioni letterarie – i crepuscolari, i futuristi, l’esperienza della rivista fiorentina «La Voce» – e si sviluppa in importanti centri come Roma ma anche nella provincia quale sede di autonoma elaborazione culturale: è il caso della Ferrara di Corrado Govoni e Filippo de Pisis. Esperienze diverse sono però destinate a intrecciarsi tra loro. Roma è il centro dell’attività di Arturo Onofri, che dapprima si muove tra atmosfere pascoliane, dannunziane e crepuscolari con le Liriche del 1907, poi si avvicina al frammentismo vociano che culmina con le prose poetiche di Orchestrine del 1917. Intorno al 1918 la scoperta dell’opera del filosofo ed esoterista austriaco Rudolf Steiner, fondatore dell’antroposofia, influenzerà la successiva produzione poetica.

Filippo de Pisis dalla Ferrara metafisica e del suo esordio poetico con I canti de la Croara del 1916, con la prefazione di Govoni, importante esempio per il giovane, giunge negli anni Venti a Roma. Si immerge nell’ambiente culturale della capitale, frequentando lo stesso Onofri con il quale condivide gli interessi teosofici e quella predilezione verso la forma diaristica che accompagna i percorsi di entrambi. Le città divengono oggetto della sua scrittura attraverso un ininterrotto diario letterario che parte da Ferrara, prosegue con il trasferimento a Bologna, fino al soggiorno romano. I frammenti del poeta pittore fissano attimi, illuminazioni improvvise, emozioni. Proprio a Roma de Pisis dedicherà numerose pagine raccolte postume in Ver-Vert e Roma al sole, volume che si apre con Visioni romane dedicate all’amico Onofri.