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Se il personaggio pirandelliano è intrappolato nelle sue molteplici maschere, quello sveviano si presenta come un inetto, incapace di agire. Spetta proprio alla letteratura indagare sulle contraddizioni dell’esistenza individuale. Zeno Cosini, il protagonista de La coscienza di Zeno, romanzo pubblicato nel 1923, in cura psicoanalitica per guarire dalla sua malattia, offre un’immagine della condizione nevrotica dell’uomo contemporaneo. La scrittura diventa lo strumento per scandagliare il proprio io e cercare le ragioni della sua nevrosi. Montale è il primo a portare alla luce il “caso Svevo”, la cui lettura era stata suggerita dall’intellettuale triestino Bobi Bazlen, con la pubblicazione nel 1925 dell’Omaggio a Italo Svevo sulla rivista «L’esame». Vengono così scoperti anche i suoi due precedenti romanzi: Una vita del 1892 e Senilità del 1898. Non solo i romanzi contraddistinguono il percorso letterario sveviano, ma anche testi teatrali e racconti, molti dei quali sono progettati senza però essere portati a termine. È il caso di quattro brevi racconti raccolti sotto il titolo Storie di un uomo rispettabilissimo, tra gli ultimi scritti di Svevo, riemersi tra il materiale preparatorio della conferenza su James Joyce, che egli tiene a Milano l’8 marzo 1927. Svevo aveva conosciuto a Trieste Joyce, dal quale aveva preso lezioni di inglese presso la Berlitz School.