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Carlo Emilio Gadda

Spetta all’amico Carlo Levi cogliere lo sguardo acuto dell’ingegnere Carlo Emilio Gadda e fissarlo nella tela. Siamo negli anni della Seconda guerra mondiale, a Firenze, dove avevano trovato riparo molti amici scrittori e intellettuali. Sta per uscire la raccolta di racconti L’Adalgisa (1944) e di lì a poco, trasferitosi a Roma, Gadda avrebbe iniziato a scrivere Quer pasticciaccio brutto de via Merulana, romanzo che, edito nel 1957, lo porterà all’attenzione del grande pubblico.

Gadda aveva già vissuto in prima persona una guerra e proprio l’esperienza bellica aveva segnato il suo primo rapporto con la scrittura. Partecipa infatti volontario alla Prima guerra mondiale come ufficiale degli alpini e, fatto prigioniero, viene deportato a Rastatt, poi a Celle. I suoi diari di guerra, che vedranno la luce nel 1955 con il titolo di Giornale di guerra e di prigionia, sono la testimonianza diretta della vita in trincea e della prigionia, tra gesti quotidiani, miserie, sofferenze e l’insensatezza di un mondo militare segnato dal disordine.

Escono per le edizioni di “Solaria” le prime sue due raccolte La madonna dei filosofi (1931) e Il castello di Udine (1934), mentre dal 1937 Gadda inizia a lavorare al romanzo La cognizione del dolore, che vedrà la luce solo nel 1963.

Si sono ormai delineati i caratteri essenziali del suo linguaggio, individuati da Gianfranco Contini nell’espressionismo e nel plurilinguismo: nelle sue opere si mescolano dialetti italiani, lingue speciali e tecniche, forme arcaicizzanti e manieristiche. Con il Pasticciaccio il lombardo Gadda approda a Roma e al suo dialetto attraverso un giallo impossibile ambientato negli anni del fascismo. La complessità del linguaggio riflette la complessità della realtà, in trasformazione, verso un dopoguerra che si rivelerà anch’esso pieno di contraddizioni.