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Cesare Pavese

Il bisogno di raccontare gli anni della guerra si manifesta forte anche in chi, scampato ad essa, è segnato dal ‘rimorso del sopravvissuto’, dibattuto tra la propria esistenza individuale e la storia collettiva. Cesare Pavese con il romanzo La casa in collina, attraverso il professore Corrado che da Torino si rifugia nella casa in collina, segue le vicende dei partigiani sulle colline delle Langhe, luogo della sua infanzia. Il romanzo viene pubblicato nel 1948, insieme a Il carcere, nel volume dal significativo titolo Prima che il gallo canti, che svela tutto il disagio provato da chi non ha preso direttamente parte alla guerra e alla Resistenza.

Il tema della guerra partigiana è al centro anche dell’ultimo romanzo del 1950, La luna e i falò, attraverso il protagonista Anguilla che dall’America ritorna nelle colline delle Langhe, lacerate dal conflitto da poco concluso.

Nella memoria dello scrittore le Langhe rappresenteranno sempre il luogo dell’infanzia, un passato originario nel quale si ripete il tempo del mito, dalle prime prove poetiche giovanili, poi con le poesie dal verso narrativo di Lavorare stanca del 1936, fino alle sue ultime opere. Nel 1950, poco prima del suicidio, Pavese riceve il premio Strega per il volume La bella estate, che comprende, oltre all’omonimo romanzo, anche Il diavolo sulle colline e Tra donne sole: «finalmente, finito tutto il polverone e il chiasso, – scrive a Maria Bellonci il 13 luglio 1950 – posso ripensare a questa strana avventura, e più ci ripenso più mi persuado che senza il suo tatto e la sua umanità sarebbe stato un fiero affare. Invece, è andato tutto bene – mi pare – e ne siamo usciti con onore».