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Di fronte ai tragici eventi della storia la scrittura si fa denuncia, racconto di quegli eventi, ancor di più in chi ne è stato testimone diretto. Primo Levi, ebreo deportato nel Lager di Buna-Monowitz, avverte l’urgenza di raccontare la storia del suo internamento, dal campo di Fossoli al trasporto ad Auschwitz, dalla vita nel campo di concentramento con il lavoro alla fabbrica di gomma sintetica fino alla liberazione di Auschwitz da parte dell’esercito russo: nasce Se questo è un uomo.
Pubblicato nel 1947 dalla casa editrice torinese De Silva, dopo il rifiuto di editori più importanti, il libro viene riproposto nel 1958 da Einaudi in una nuova edizione revisionata e ampliata con un risvolto quasi sicuramente a firma di Italo Calvino: «C’era un sogno, racconta Primo Levi, che tornava spesso ad angustiare le notti dei prigionieri dei campi di annientamento: il sogno di essere tornati a casa e di cercar di raccontare ai famigliari e agli amici le sofferenze passate, ed accorgersi con un senso di pena desolata ch’essi non capiscono, non riescono a rendersi conto».
Se questo è un uomo
, del quale la Biblioteca conserva una pagina autografa, rarissimo testimone manoscritto della sua genesi, non solo è destinato a divenire «un testo d’esemplare valore della nostra letteratura» come sottolinea il risvolto, ma anche e soprattutto una tra le opere più significative sullo sterminio ebraico, tradotta negli anni in decine di lingue.
Il bisogno di raccontare agli altri, l’impegno della memoria – «Meditate che questo è stato: / Vi comando queste parole. / Scolpitele nel vostro cuore / Stando in casa andando per via, / Coricandovi alzandovi; / Ripetetele ai vostri figli» – continuerà in Levi per tutta la vita con opere quali La tregua del 1963, Se non ora, quando? del 1982, I sommersi e i salvati del 1986. Con il libro La chiave a stella del 1978, incentrato invece sul mondo del lavoro, il chimico scrittore si aggiudicherà il premio Strega.