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Beppe Salvia: giochi di parole antiche in lingua nuova

Al vivace clima di rinnovamento della poesia a Roma negli anni Ottanta, in controtendenza ai tempi, contribuisce in diverso modo una nuova generazione di poeti e artisti al loro esordio. Tra questi Beppe Salvia, poeta di cose, di luoghi, di gesti: «Noi proviamo in questa notte a scrivere della vita e della morte».

Di fronte a una nuova visione del reale, Salvia crea immagini di estrema chiarezza espressiva, al tempo stesso recupera le forme della tradizione con precise scelte lessicali e metriche, tra parole desuete e ritmo cantabile, ma le sommuove dall’interno. Partecipe delle due riviste romane «Braci» e «Prato pagano», allestisce il suo primo volume di poesie, Estate di Elisa Sansovino, che uscirà postumo nel 1985 nei «Quaderni di Prato pagano», al quale seguiranno Cuore (cieli celesti) nel 1988 ed Elemosine eleusine nel 1989. Nel 2004 esce la raccolta di suoi versi I begli occhi del ladro, a cura di Pasquale Di Palmo, mentre nel 2006 Un solitario amore, a cura di Flavia Giacomozzi ed Emanuele Trevi, con un’appendice di poesie disperse.