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Sala Pasolini

Figura tra le più originali e provocatorie del Novecento, Pier Paolo Pasolini è destinato a legare strettamente il suo nome alla città di Roma, attento testimone delle sue trasformazioni. Giunto nella capitale nel 1950, si avvicina al mondo delle borgate, dove scopre una realtà di degrado, esistenze difficili e disperate, ma proprio lì trova spontaneità e autenticità. Ai margini della vita cittadina i suoi personaggi, figli del sottoproletariato, sono impegnati nella loro difficile sopravvivenza quotidiana tra espedienti e stratagemmi, giochi e furtarelli. Sono ragazzi al tempo stesso furbi e ingenui, senza scrupoli e innocenti, animaleschi e autentici, in bilico tra la necessità di soddisfare i bisogni più elementari e la ricerca di riscatto, tuttavia imprigionati in un perenne presente caratterizzato da avvenimenti ineluttabili. Si muovono tra le storiche borgate e le nuove periferie fatte di baracche, case abusive, che ridisegnano i confini della città: Pietralata, Ostiense, Monteverde Nuovo, le anse del Tevere e dell’Aniene. Lungo un percorso diviso per ambienti, Pasolini entra idealmente in contatto con le borgate e con i personaggi che popolano la sua opera, ricreati e raccontati attraverso i romanzi Ragazzi di vita e Una vita violenta, e con le immagini dei film Accattone e Uccellacci e uccellini. Lo scrittore incontra i suoi ragazzi «leggeri come stracci» nei luoghi di maggiore convivialità. Da una parte la piazza con i tavolini del bar, fulcro della vita sociale delle periferie romane. Dall’altra il campetto di pallone: basta la presenza di una «palla» e qualsiasi luogo, qualsiasi occasione divengono perfetti per giocare. Sullo sfondo appare la campagna che si sta urbanizzando con i palazzi in costruzione. Dagli spazi esterni si passa a quelli interni attraverso gli archi dell’acquedotto: si entra così nel luogo chiuso e protettivo della casa. A «lunghe camminate in una calda caligine» seguono «lunghi crepuscoli davanti alle carte». L’approdo è il laboratorio dello scrittore tra le carte possedute dalla Biblioteca nazionale, che è stata frequentata dallo stesso Pasolini: oltre ai due romanzi, le tragedie, Passione e ideologia, Il sogno di una cosa, Progetto per un film su San Paolo, La nuova gioventù, La divina mimesis, Lettere luterane. Si tratta di uno dei fondi più importanti posseduti dall’Istituto relativi alla letteratura contemporanea insieme a quello di Elsa Morante, due nomi legati da una profonda amicizia e da un dialogo non solo quotidiano ma soprattutto letterario. I luoghi pasoliniani verranno ripercorsi dalla scrittrice ne La Storia, retrodatati però agli anni della guerra e dell’occupazione nazista. Le carte di Pasolini, donate dagli eredi nel 1977 e nel 1996, insieme a quelle da lui inviate a Enrico Falqui, presenti nell’archivio del critico, fanno dunque della Biblioteca uno dei più rilevanti luoghi di conservazione delle sue opere, testimoniando appieno la sua poliedrica attività: dalla narrativa alla poesia, dal teatro al cinema, dagli scritti critici agli interventi sui giornali.