background

Mario dell’Arco

Curatore insieme a Pasolini dell’antologia Poesia dialettale del Novecento del 1952, Mario dell’Arco è riconosciuto dallo stesso poeta di Casarsa come «il più nuovo (anzi l’innovatore) della letteratura romanesca». Dal 1946 Pasolini segue da vicino il percorso poetico di dell’Arco, da Taja, ch’è rosso del 1946 a La stella de carta del 1947, firma l’introduzione al terzo volumetto Ottave del 1948 e recensisce Tormarancio del 1950. Promotore delle riviste «Er Ghinardo», «Orazio», «il Belli», dell’Arco è una figura chiave della poesia dialettale novecentesca e molto attivo nel panorama culturale romano degli anni Cinquanta. Spetta proprio a lui propiziare presso l’editore Bardi di Roma la pubblicazione delle raccolte poetiche Favole della dittatura del 1950 e la Sicilia, il suo cuore del 1952, che segnano l’esordio letterario di Leonardo Sciascia, legato a dell’Arco da una sincera amicizia come mostra la loro corrispondenza durata circa un ventennio. In quegli anni lo scrittore siciliano mostra un’attenta conoscenza della letteratura in dialetto romanesco, chiama il poeta a collaborare alla rivista da lui diretta «Galleria», al tempo stesso scrive per le riviste dell’amico e firma la postilla alla raccolta Er gusto mio del 1953. Uno dei momenti più significativi che lega insieme i nomi di Sciascia, dell’Arco e Pasolini è la pubblicazione dell’antologia Il fiore della poesia romanesca del 1952, curata da Sciascia con la premessa di Pasolini, nella quale sono antologizzati Belli, Pascarella, Trilussa e lo stesso dell’Arco.