Il libro sacro: letture intense e lettori pigri

24/03/2020

Il libro sacro: letture intense e lettori pigri

Anche se è noto che vennero stampate più grammatiche che bibbie, è un fatto che il Libro per antonomasia nell’Europa occidentale della prima età moderna era la Bibbia.

Prima che Concilio di Trento ne limitasse la circolazione fra le persone comuni, essa era uno fra i testi più richiesti. Nel solo secondo Quattrocento se ne stamparono ben 337 edizioni, moltissime anche nelle lingue nazionali oltre che in latino (tedesco, ebraico, italiano, francese, catalano e ceco). Era un libro di medio costo, equivalente a poco meno del salario di due giornate lavorative di un maestro muratore (cf. Printing R-evolution, 1450-1500: i cinquant’anni che hanno cambiato l’Europa = fifty years that changed Europe, ed. Cristina Dondi, Venezia: Marsilio, 2018, p. 90). Per questi motivi – traduzioni nelle lingue volgari e costo medio – fu per molti decenni accessibile ad un pubblico ben più vasto dei soli addetti ai lavori (clero secolare e ordini religiosi).

A S. Scolastica vi sono quattro copie della Bibbia, tutte in latino.

Fra queste spicca, per la singolarità delle tracce lasciate dai lettori, un esemplare dell’edizione impressa a Venezia nel maggio 1498 (ib00603000; MEI 02125070, II.C.11).

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                                                          Biblia latina. Venezia, 1498. Subiaco, S. Scolastica II.C.11, maniculae

 

Innanzitutto è postillata in latino da almeno 4 mani diverse, tutte riconducibili al XVI secolo e tutte di ambito religioso, come è chiaro dal livello di competenza degli interventi. Sono lettori contemporanei fra loro, che commentano ora un passo ora un altro, evidenziano con maniculae frasi che ritengono importanti, correggono il testo o lo integrano, anche con qualche vezzo artistico.

Tra la fine dell’Apocalisse e l’inizio degli indici campeggiano due note di possesso, poste a fronte in modo tale quasi da dialogare l’una con l’altra

2_Bibbia_nota di Domenico

Biblia latina. Venezia, 1498, hh1ov, nota di Don Domenico

‘1519 15 Octobris | Hic liber lectus fuit per me presbyterum Dominicum in spatium annorum viginti; ter, per Gratiam Dei omnipotentis, a principio usque in finem’ (c. hh10v).

3_Bibbia_nota di Basilio

 Biblia latina. Venezia, 1498, AA1r, nota di Basilio

‘1537 die 28 mensis Junii in domo plebea Fannia | Presens liber perlectus fuit per me Basilium Faninum, praesbyterum Tulmetinum Fannae, diuina Prouidentia plebanum, sub praemissis (semel tantum) millesimo, die & mense, quamvis nulla (quasi) glossata Scriptura manu propria appareat, non ignorantia sed potius igniavia [sic] quae mihi tunc inerat et inest, die Jovis hora meridiei’ (c. AA1r).

I lettori di questa Bibbia sono entrambi sacerdoti ordinati (chierici secolari, presbiteri). Il 15 ottobre 1519 un certo don Domenico – non meglio identificato geograficamente né con cognome – dice di aver finito di leggere il Libro per la terza volta nell’arco di vent’anni, dal principio alla fine. Una lettura intensiva e coerente con lo status di religioso, confermata anche dalle frequenti annotazioni che Domenico appone in genere in calce alle carte del testo, ma talvolta anche ai margini. Sono suggestioni, brevi spiegazioni di passaggi testuali, collazioni con altre fonti sacre, correzioni, brevi sunti di passaggi da memorizzare. Interventi utili anche per i successivi lettori di quel libro.

Quasi vent’anni dopo, il 28 giugno 1537, un'altra nota di lettura viene apposta in calce alla pagina successiva, la prima degli indici dei nomi ebraici. Basilio Fanini originario di Tolmezzo (Tulmetinus) e presbitero di Fanna in Friuli, dichiara di aver appena finito di leggere – una volta soltanto, sottolinea – la Bibbia. Basilio sente il bisogno di giustificare il fatto di non aver lasciato quasi alcuna annotazione dietro di sé a testimonianza della sua lettura: la ragione non è l’ignoranza, spiega, quanto piuttosto l’ignavia (lat.) ovvero la pigrizia che gli è propria, ora come in passat

Non sorprende affatto l’identità dei due lettori della bibbia latina, quanto piuttosto la modalità di lettura ideale che le loro dichiarazioni a confronto sottendono: era quasi un dovere lasciare tracce d’inchiostro dietro di sé, a testimonianza del proprio passaggio di studio e meditazione sul Libro Sacro per eccellenza.

Vengono in mente le parole di Umberto Eco: ‘Se il libro è vostro e non ha valore di antiquariato non esitate ad annotarlo. Non credete a coloro che dicono che i libri vanno rispettati. I libri si rispettano usandoli, non lasciandoli stare. [...] Ma bisogna sottolineare con criterio’ (Umberto Eco, Come si fa una tesi di laurea, 1977). Con una differenza non trascurabile: l’individualismo. Secoli fa queste massime venivano applicate alla lettura collettiva di un libro, oggi solo ai libri propri.

Una nota a margine o un segno, se meditati, sono un’eredità di conoscenza che si aggiunge al testo stampato. Per i futuri lettori.